La produzione
I due vini bianchi sono unici per colorazione e gradevolezza: si tratta di un Fiano-Malvasia, tipico della zona di Alberobello e della Valle d’Itria, e di uno Chardonnay del Salento, vitigno non tipico ma perfettamente adattato al nostro terreno e al nostro clima, tanto da renderlo davvero interessante in quanto esalta in modo gradevole tutta la profumazione tipica dello Chardonnay.
I cinque vini rossi proposti sono davvero vigorosi, fruttati, di carattere e struttura. Considerata la tiratura limitata, solo pochi ettolitri vengono destinati all’invecchiamento per poter essere definiti “Riserva”. Il Primitivo è il vino pugliese per antonomasia, ormai apprezzato e richiesto ovunque per i suoi inconfondibili sapori che lo rendono unico. Nella nostra produzione sono presenti due diversi primitivi IGT, quello della zona di Gioia del Colle – Acquaviva – Alberobello e quello del Salento, insieme al Primitivo di Manduria, certamente di particolare pregio, trattandosi di un 14° veramente gradevole. Ai tre primitivi si sono aggiunti due vini Negroamaro tipici del Salento.
Il Primitivo ha una storia antica, che affonda le sue radici nel Mediterraneo e non solo: definito primaticcio a indicare la peculiare caratteristica del vitigno, che matura prima di tutte le altre varietà (tra fine agosto e inizi di settembre), è di probabile derivazione illirica, dal popolo balcanico dedito alla coltivazione della vite. Fu commercializzato in tutto il Mediterraneo già dai Fenici e trovò le sue condizioni ideali proprio nel sud Italia, grazie al clima caldo e asciutto e ai terreni calcarei. Fu introdotto in Puglia nel XVIII secolo, importandolo dalla Dalmazia, e inizialmente fu conosciuto con il nome di Zagarese. Nel tardo ‘700 don Filippo Indellicati, un sacerdote di Gioia del Colle, paese distante circa 25 km da Alberobello, selezionò lo stesso vitigno a maturazione precoce chiamandolo proprio Primativo e riuscì ad avviare la prima monocultura di cui si abbia storicamente notizia: questa è l’origine della denominazione attuale. Dalla zona di Gioia del Colle e Acquaviva delle Fonti, la coltivazione si è poi diffusa nei vicini comuni, tra cui Alberobello, fino alle provincie di Taranto, Brindisi e Lecce. Se nelle Murge il Primitivo iniziò a brillare di luce propria, infatti, sarà poi nelle soleggiate terre salentine e in particolare in quelle circostanti gli agri di Manduria e Maruggio, che migliorerà le sue qualità. Quest’ultimo viaggio del Primitivo lo si dovette alle nozze fra la contessa Sabini di Altamura e Don Tommaso Schiavini-Tafuri di Manduria: la nobildonna, infatti, portò dalla sua città natale alcune barbatelle scelte della preziosa pianta, una specie di dote che il marito manduriano seppe sfruttare molto bene. Nel corso del XIX secolo, il Primitivo si diffuse in tutta la terra di Puglia.
Il Primitivo è stata la prima uva di Puglia a uscire dai confini della regione e a conferire notorietà ai vini di quest’area. Le tante ricerche effettuate hanno consentito una migliore conoscenza dell’uva Primitivo, spingendosi fino alla scoperta di altre varietà con caratteristiche genetiche uguali alla celebre rossa di Puglia, a partire dallo Zinfandel, emblema indiscusso dell’enologia californiana e statunitense. La sinonimia con lo Zinfandel fu scoperta casualmente nel 1967, quando un professore californiano in visita in Puglia, assaggiando vino Primitivo, affermò che gli ricordava molto lo Zinfandel. Da ciò si è arrivati a pensare che il Primitivo sia nato dall’incrocio tra lo Zinfandel e il vitigno croato Dobricic.
Il Negroamaro è, insieme al Primitivo, fra le celebrità enologiche della Puglia. A differenza del Primitivo, la maturazione del Negroamaro è tardiva: la vendemmia, infatti, avviene tra la seconda e la terza decade di settembre. Anche le origini del Negroamaro sono piuttosto incerte, nonostante siano in molti a ritenere che questa varietà sia stata introdotta dalla Grecia. Incerte sono anche le origini del nome, sul quale si sono fatte solamente delle ipotesi, delle quali due sono quelle più attendibili. Si ritiene, infatti, che “Negroamaro” possa derivare sia da termini dialettali, sia dalle lingue greco antico e latino: l’ipotesi che vorrebbe dare origine al Negroamaro dal dialetto locale, riconduce il nome ai termini “niuru” e “maru”, rispettivamente “nero” e “amaro”, a sottolineare sia il colore cupo dell’uva e del vino, sia il suo sapore tendenzialmente amaro; l’altra ipotesi vede il nome “Negroamaro” derivare dal termine latino “niger” e dal greco antico “mavro”, termini che significano entrambi “nero”, indicando così un’uva dagli acini “neri-neri”.
Il vitigno Negroamaro è prevalentemente diffuso nella zona del Salento; con esso si producono prevalentemente i rossi appartenenti alla DOC Salice Salentino, in questo caso unendolo alla Malvasia Nera, ed è questo il vino che la Tenuta Maranna ha deciso di far diventare Riserva. La Tenuta Maranna, come pochi altri, ha saputo impiegare il Negroamaro in purezza, imbottigliando un vino monovarietale Rosso Negroamaro. Il Negroamaro ha un buon contenuto di naturali sostanze coloranti, qualità che si riflette nei suoi vini conferendo loro colori intensi e brillanti, oltre a una trasparenza medio-bassa. Anche il contenuto di polifenoli è buono, il che conferisce ai vini un’astringenza media che talvolta può divenire piuttosto accentuata, soprattutto in seguito alla fermentazione e alla maturazione in botte. La struttura nei vini da Negroamaro è di buon corpo e anche il volume in alcol non è trascurabile, raggiungendo nei suoi vini una quantità a volte superiore al 14%.
Dalle colline della terra dei trulli e dalle secolari piante di ulivo, viene estratto un olio extravergine di oliva di categoria superiore.
Tutte le olive sono rigorosamente raccolte dall’albero e nell’arco delle 24 ore vengono molite.
La Tenuta Maranna esprime e propone a tutti solo vini selezionati e oli extravergini di ottima qualità.
CANTINE TENUTA MARANNA
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